13 Aprile 2020

Relazioni fra Banche ed Imprese nella fase 2 dell’epidemia Covid-19 – a cura di Paolo Alinovi

Le misure approvate in questi giorni per favorire la liquidità delle imprese, pongono fortemente l’accento sul tema delle garanzie prestate dallo Stato a favore delle banche chiamate ad erogare credito alle imprese in una situazione di emergenza economica. Ad li là delle modalità tecniche e delle procedure con cui queste forme di garanzia verranno poste in essere, è evidente che in assenza di queste garanzie risulterebbe (quasi sempre) impossibile per le banche erogare credito a favore di aziende la cui posizione finanziaria si è rapidamente deteriorata e la cui prospettiva economica è quantomai incerta.

 

L’esistenza di garanzie appare però come una condizione necessaria ma non sufficiente a consentire una erogazione del credito veloce e tempestiva da parte delle banche se non verrà associata ad una revisione del contesto normativo in cui queste si trovano ad operare sia dal punto di vista regolamentare che dal punto di vista dei criteri contabili di riferimento e se le imprese non saranno in grado (per quanto possibile nel contesto) di presentare richieste adeguate e complete.

 

Aspetti regolamentari

 

Quanto agli aspetti regolamentari che riguardano le banche, è noto come dopo la crisi del 2008, le autorità di vigilanza abbiano posto in essere numerosi interventi volti a rafforzare il capitale delle banche (si veda tabella a fianco tratta da “The Economist”) obbligandole ad aumentare gli accantonamenti a fronte delle partite ritenute maggiormente rischiose ovvero a porre in essere sistemi di misurazione statistica dei rischi ed in particolare del rischio di credito (i c.d. sistemi di rating).

 

Si è trattato e si tratta evidentemente di scelte forti che hanno portato ad un notevole aumento del patrimonio dei Gruppi bancari (specie di quelli Europei, vedi sopra) e che dovrebbe risultare particolarmente utile nella fase che verrà. Non a caso, proprio per rafforzare il capitale, BCE ha stabilito un divieto assoluto di distribuzione dividendi da parte delle banche nel 2020: non c’è dubbio però, che in un contesto di recessione del tutto imprevista, nei tempi e nella misura, quale quello che si preannuncia, il mantenimento di queste regole possa determinare difficoltà nella erogazione del credito anche in presenza di garanzie. Senza entrare troppo nel dettaglio infatti, si deve ricordare come le banche applichino ormai in modo esteso sistemi di rating che vengono applicati in sede di:

 

–       concessione del credito (il rating dell’azienda definisce la valutazione del merito creditizio in sede di prima concessione e di revisione/ variazione degli affidamenti);

 

–       monitoraggio del credito – l’utilizzo della PD (Probabilità di Default) del cliente, combinata con altre variabili, può consentire di intercettare le posizioni anomale prima che queste vengano classificate in “default”;

 

–       svalutazione collettiva – il principio contabile IFRS9 ha introdotto una nuova metodologia per il calcolo della svalutazione collettiva dei crediti “in bonis”, utilizzando le metriche Basilea opportunamente riviste che tengono conto della PD e della LGD (“Loss Given Deafault”) per determinare il valore dell’accantonamento (ECL – Expected Credit Loss) necessario: è evidente che un incremento della PD può comportare un aumento della svalutazione necessaria;

 

–       determinazione del livello delle c.d. “Attività ponderate per il rischio (RWA)”: dal livello della rischiosità degli attivi, discende il valore del Patrimonio necessario alla Banca.

 

E’ del tutto evidente che se in queste valutazioni dovessero entrare gli scenari post-Covid, e quindi se queste valutazioni dovessero scontare un incremento significativo della PD, si potrebbero avere impatti molto rilevanti sulla operatività delle banche. Per effetto dell’epidemia e dell’incremento della rischiosità degli attivi infatti:

 

–         il rischio di default pur se in modo diverso per i diversi settori, è ampiamente aumentato con ciò (presumibilmente) aumentando il valore degli accantonamenti necessari a fronte del rischio dei portafogli bancari esistenti;

 

–         le RWA (attività ponderate per il rischio) dei portafogli esistenti a loro volta aumentano in modo significativo con la necessità quindi per le banche o di aumentare il proprio patrimonio ovvero di ridurre lo spazio disponibile per nuove erogazioni: questo fatto, a parità di ogni altra condizione, ridurrebbe i margini di manovra per le banche nella concessione del credito. Sotto questo profilo, si pensi solo al fatto che gli scenari di stress sull’RWA predisposti dalle banche europee in sede di bilancio 2019 ipotizzavano scenari di stress “avversi” che consideravano riduzione di PIL dell’1%.

 

–         i nuovi crediti che le banche devono/dovrebbero andare ad erogare sono di per sé maggiormente esposti al rischio di credito e quindi tendenzialmente aumentano in modo più che proporzionale il fabbisogno di capitale delle banche stesse anche se la garanzia statale compensa (in parte) questo effetto;

 

–         l’ammontare dei crediti in default (garantiti o meno) rappresenta uno degli indicatori più significativi per valutare la solidità delle banche e anche sotto questo aspetto, l’esistenza di garanzie impatta sull’ammontare degli accantonamenti ma non sull’ammontare dei potenziali default.

 

Alla luce di quanto sopra esposto, appare quindi necessaria, nell’ambito degli interventi che vogliono favorire un più agevole accesso al credito da parte delle imprese, anche una valutazione dell’effetto che sui Bilanci e sul patrimonio delle Banche può derivare dall’impatto dell’epidemia e, presumibilmente, un intervento del regolatore che introduca una sterilizzazione (almeno parziale) degli effetti della stessa nella determinazione dei requisiti patrimoniali e delle perdite attese delle banche, soprattutto in questa fase di estrema incertezza. Sotto questo aspetto, con riferimento alle stime delle perdite attese (ECL – Expected Credit Losses), BCE ha comunicato che le banche sono invitate a considerare nei propri modelli le previsioni di lungo-termine e che ai fini di tali stime dovrà essere considerata sia la natura presumibilmente temporanea degli effetti derivanti dall’epidemia in corso, sia l’impatto positivo che deriverà dalle misure di sostegno economico introdotte.

 

Tutto questo deve essere considerato dalla banche in una logica di “sterilizzazione” del rating che deve essere applicata nella valutazione del merito di credito in questa fase: se infatti si vuole davvero dare sostegno alle imprese, è necessario adottare un metro di valutazione che tenga conto delle performance passate molto più che delle prospettive future che sono quantomai incerte.

 

I rapporti con le imprese

 

Allo stesso tempo, come detto sopra, la difficoltà del momento anche per le banche, impone che le imprese si attrezzino (per quanto possibile nel contesto) nel proporre richieste adeguate e complete: a nostro parere è quindi fondamentale per le imprese ed i loro manager e consulenti essere consapevoli della situazione in cui le banche si trovano ad operare per fare in modo che l’accesso ai finanziamenti, ancorchè garantiti, avvenga in un contesto di reciproca comprensione. Al contrario, sarebbe estremamente deleterio se passasse il messaggio che per le banche l’erogazione del credito in questa fase sia un atto dovuto, per il solo fatto che vi sono le garanzie, che comunque non coprono mai l’intero rischio (tranne il caso dei finanziamenti garantiti fino a 25.000 euro).

 

Sotto questo profilo, è anche particolarmente importante considerare che, sotto il profilo operativo, gli istituti di credito saranno sottoposti ad una massa di richieste assolutamente eccezionale per numerosità, dimensione e complessità: da parte delle aziende, quindi, pur essendo a loro volta in uno stato di oggettiva difficoltà operativa e di previsione, sottoporre agli istituti di credito una documentazione accurata e richieste ragionevoli e supportate, risulterà decisivo per agevolare il processo creditizio e questo giustifica anche alcune macchinosità forse eccessive delle procedure previste dal decreto. Così, ad es., il decreto prevede che le PMI debbano attestare, fra gli altri, il fabbisogno per costi del capitale di esercizio e per costi di investimento nei successivi 18 mesi (per le PMI) e nei successivi 12 mesi (per le imprese con numero di dipendenti non superiore a 499): questa previsione appare in effetti eccessiva se estesa alla platea dei richiedenti. Ciò non toglie che certamente e nella maggior parte dei casi, le banche richiederanno comunque una qualche forma di previsione e proiezione economico-finanziaria per erogare il finanziamento.

 

Conclusioni

 

Il periodo che si preannuncia è particolarmente difficile e delicato e lo sarà per le imprese e per le banche, per i managers e per i loro consulenti, per i legislatori e per i regolatori: per ottenere un risultato, al di là del lavoro di legislatori e regolatori, è assolutamente necessario che ciascuno comprenda le ragioni dell’altro e ne agevoli il lavoro per raggiungere rapidamente il risultato atteso e necessario per la prossima ripartenza. E da questo punto di vista, se si allarga lo sguardo si osserva che problemi simili sono presenti anche in molti altri paesi come testimoniato dall’articolo di The Economist dell’11 aprile u.s. (The business of survival) nel quale si dice fra l’altro: “Small firms will suffer most: ….. They lack access to capital markets. And without friends in high places, they will struggle to get government help. Only 1.5% of America’s $350bn aid package for small firms has been disbursed so far and Britain’s effort has been slow, too. Banks are struggling to deal with contradictory rules and a flood of loan applications”. Non è mal comune mezzo gaudio, ma la consapevolezza che senza la cooperazione di tutti, difficilmente si potrà superare il momento.